DCA o Disturbo del Comportamento Alimentare. Secondo le versioni più recenti sarebbe più corretto parlare di DAN, ovvero Disturbo dell’Alimentazione e della Nutrizione. Credo che tutti noi abbiamo sentito almeno una volta questi nomi. Oppure abbiamo sentito parlare di Anoressia, Bulimia… Ma sappiamo davvero cosa voglia dire soffrire di un disturbo del comportamento alimentare?
Oggi vi voglio raccontare la storia di Anita. Anita è un nome di fantasia che ho deciso di utilizzare per raccontare la storia di questa ragazzina che, a 16 anni, si ammala di anoressia nervosa.
Anita è una ragazza di 12 anni, in piena fase adolescenziale, ancora alla ricerca della sua identità. Molto timida, diventa rossa appena le si parla, diventa rossa persino durante le interrogazioni in classe. Molto brava a scuola, è la classica “secchiona” della classe, come si definisce lei. Un po’ “indietro” rispetto alle sue compagne: non indossa il reggiseno imbottito, non si trucca (il primo mascara gliel’hanno regalato i genitori in prima superiore. È ancora lì, inutilizzato), non si piastra i capelli, non indossa pantaloni super attillati e magliette corte che mostrano l’ombelico. Indossa abiti “da maschiaccio”: pantaloni larghi, maglie abbondanti. Non ha molti amici in classe. Del resto, come riferisce lei, è molto brava a scuola e quindi, come tutte le secchione che si rispettino, viene esclusa dal gruppo dei vip della classe, emarginata ed anche bullizzata per il suo carattere e per il suo modo di vestire.
Anita è una ragazza molto sensibile e un po’ insicura di sé. La sua autostima dipende molto dal pensiero che gli altri hanno di lei. In particolare, il giudizio del padre ha un forte impatto sul pensiero che lei ha di sè stessa: Anita si sente sempre in dovere di dimostrare al padre di essere brava abbastanza. Per il padre la scuola è molto importante, e Anita, che è molto brava a scuola, dimostra il suo valore al padre portando a casa voti sempre altissimi. Questo la fa stare bene: ogni volta che porta a casa un 10, ricevere gli apprezzamenti dal padre. Quando però il voto è inferiore a quel massimo a cui tanto ambisce, un semplice sguardo o un semplice commento del padre è sufficiente per far calare su di lei i dubbi in merito alla sua bravura. Una nuvola di insicurezza, di sconforto, di malessere, cade su Anita che si rifugia spesso in dei pianti per sfogare il suo dolore.
Anita è anche una ragazzina che a 12 anni entra a tutti gli effetti a far parte del mondo delle donne: le arriva il primo mestruo. Insieme al mestruo le sue forme del corpo iniziano a cambiare. Le spunta il senso e si riempie sui fianchi. Anche il peso sulla bilancia inizia a salire di qualche chiletto. Il padre, essendosi accorto del cambiamento fisico di Anita, ma non della sua fragilità, le fa un commento, che per Anita rappresenta il momento del cambiamento: “hai il sedere grosso!”. Quelle semplici parole hanno un forte impatto su Anita che inizia a sentirsi inadeguata, brutta, non all’altezza, nemmeno nei confronti di suo padre. Lei, che era sempre stata una buongustaia, inizia ad autoregolarsi: prova a ridurre il consumo di dolci di cui era golosa e si iscrive a basket. Nel giro di un anno, perde 17 kg. Anita è felice del traguardo raggiunto, è stata bravissima! Chi come lei avrebbe la forza di volontà, la costanza, l’impegno di raggiungere un tale traguardo.
Le gioie però non ebbero durata infinita: sì, Anita era stata molto brava a raggiungere il suo traguardo, ma adesso come fare per mantenerlo? Impossibile pensare di reintrodurre i dolci nella propria alimentazione e soprattutto, impossibile pensare di sospendere l’attività fisica anche solo per un giorno. Per Anita inizia quindi un lungo periodo di controllo del peso, dell’alimentazione e dell’attività fisica: pesate 10 volte al giorno, attività fisica giornaliera, anche 2 ore al giorno di sport, e alimentazione fortemente ipocalorica e molto controllata.
Le gioie iniziali si trasformano presto in frustrazione: frustrazione se il peso sulla bilancia saliva di soli 2 etti, frustrazione se per caso, in occasione di una ricorrenza, perdeva il controllo sul cibo e mangiava di più di quello che si era prefissata, magari semplicemente perché lei aveva fame… ma non se ne rendeva conto. Anita non riusciva più a sentire i reali bisogni del suo corpo: non riusciva più a sentire se aveva fame, se era sazia, se era stanca, che cosa le andava di mangiare e cosa no… Si trattava solo di numeri: il peso sulla bilancia, le calorie ingerite, le ore di attività fisica, il numero di passi, i km percorsi… Oltre alla sfera fisica, Anita raggiunse un grave sottopeso che mantenne per diversi anni, anche la sfera relazionale e famigliare iniziarono a risentirne. Anita si sentiva a disagio ad uscire con gli amici, a mangiare in compagnia, rinunciava alle occasioni sociali, si isolava… Le sembra di vivere in una bolla, come se il mondo potesse andare avanti anche senza di lei, come se non fosse apprezzata, dal padre, dagli amici, come se nessuno si accorgesse della sua assenza, come se nessuno se ne fosse accorto che LEI NON STAVA PIÙ BENE DA TEMPO…
A un certo punto in Anita scatta qualcosa, si rende conto che non sta bene in quel peso, in quelle forme che aveva tanto ambito a raggiungere e a mantenere.
Decide di farsi aiutare: intraprende un percorso di cura integrato con uno psicoterapeuta, uno psichiatra e un nutrizionista. Il percorso è molto lungo, fatto di alti e bassi, di gioie e di difficoltà. Per Anita non è semplice accettare l’aumento graduale del numerino che legge sulla bilancia, ha difficoltà a tornare ad assaggiare cibi che per lungo tempo aveva escluso dalla sua alimentazione per paura delle conseguenze che questi potessero avere sul suo peso e sulle sue forme del corpo. Pian piano però Anita riscopre il gusto, il sapore del cibo, riscopre il piacere dello stare insieme a tavola in compagnia.
Adesso Anita ha 22 anni, ha un normopeso e soprattutto ha instaurato un rapporto sano col cibo e con le sue forme del corpo. La storia che ha vissuto l’ha portata a intraprendere il percorso di laurea in Alimentazione e Nutrizione Umana. Il suo desiderio: sensibilizzare la popolazione sull’esistenza dei disturbi del comportamento alimentare e aiutare le persone a istaurare un rapporto sano con il cibo che tenga conto dell’importanza del cibo come strumento di prevenzione per lo sviluppo di diverse patologie, ma che non trascuri la gioia della tavola, il piacere dello stare insieme, il gusto del cibo e l’ascolto dei bisogni del proprio corpo.